Sono vene dilatate la cui parete ha perso elasticità e tono; le valvole di una vena varicosa non hanno più tenuta ed in essa si hanno quei fenomeni di reflusso sanguigno così importanti per l’instaurarsi del circolo vizioso dell’insufficienza venosa, di cui abbiamo parlato. Esse riguardano in genere il distretto drenato dalla vena safena interna, più raramente quello drenato dalla vena safena esterna, ma possono interessarle entrambe. La presenza di varici negli arti inferiori rende il trattamento dell’insufficienza venosa superficiale più complesso, ma spesso più risolutivo.
È indispensabile procedere ad una accurata valutazione clinica e strumentale della paziente affetta da varici, prima di programmare un trattamento che, spesso, deve essere chirurgico.
Una volta delimitato con esattezza il distretto varicoso, identificate le cause dell’insufficienza venosa e valutata la continenza delle valvole delle vene interessate, nonché la pervietà ed efficienza dei circoli collaterali ed in particolare del circolo venoso profondo, si può programmare il tipo di intervento chirurgico più idoneo ad eliminare le varici e, soprattutto, a ridurre notevolmente le aree di insufficienza venosa che, per così dire, nutrono la malattia e ne permettono quindi l’evoluzione. Il tutto con il miglior risultato estetico compatibile, naturalmente, con lo stadio e l’entità del danno anatomico.
L’intervento chirurgico principale per la terapia delle varici è lo stripping (=sfilamento) della vena interessata, mediante il quale, senza entrare in dettagli tecnici, si asporta attraverso alcuni piccoli tagli, in genere 2 o 3, la vena dilatata.
Tale intervento può essere completato, in caso di necessità, dalla asportazione attraverso dei piccoli tagli accessori (lunghi 2 o 3 cm) delle varici collaterali; queste si sviluppano in genere all’altezza di vene perforanti, le cui valvole hanno perso la tenuta e nelle quali si hanno fenomeni localizzati di reflusso ematico, come abbiamo visto, dal circolo venoso profondo a quello superficiale.
In alcuni casi accade che, dopo un ‘ certo tempo, in genere degli an- ni, si abbia la comparsa di nuove varici nell’arto operato; queste sono l’espressione del progredire della malattia, in soggetti tendenzialmente predisposti, a carico delle vene superficiali residue. Queste recidive vanno affrontate per tempo e non trascurate, dato che anch’esse si possono curare, ma ciò non significa che vada tralasciata la prevenzione con le metodiche di cui abbiamo già ampiamente parlato.
Ciò che è stato detto finora riguardo l’insufficienza venosa superficiale è valido in massima parte anche per quella profonda, dal momento che spesso tali forme sono associate, ma vi sono alcune importanti differenze sia di evoluzione ,-Aie di approccio terapeutico, che andremo ad esaminare.