Accade di regola: ad una “certa età” le donne riducono al minimo i rapporti sessuali, per i dolori che provocano e per i disturbi che causano, ma anche per gli imbarazzi legati alle disfunzioni di un corpo non più giovane.  Il sesso dopo gli “anta”? Spesso trascurato se non del tutto abbandonato, soprattutto nel caso in cui la donna si senta non più in grado  di offrire determinate prestazioni a livello organico. La situazione, infatti, si complica a causa dell’abbassamento del pavimento pelvico, cioè la discesa verso il basso delle pareti vaginali, dell’utero e spesso anche della vescica, organi che normalmente sono mantenuti nella loro posizione anatomica dai muscoli del pavimento pelvico. Questa disfunzione interessa   circa 1.6 milioni di persone: avviene in post menopausa, ed è dovuta all’avanzare degli anni, ai parti sostenuti ed agli interventi di ginecologia subiti. “Il desiderio sessuale è una modulazione tra eccitazione ed inibizione – spiega il professor Edoardo Austoni, Direttore della Clinica Urologica dell’Ospedale San Giuseppe – Milanocuore – ed è chiaro che alcuni disturbi possono bloccare psicologicamente la donna, specie nei preliminari, per non parlare dei dolori durante la penetrazione e nel corso del rapporto, ma anche dell’insorgere di cistiti, tutti problemi causati dall’abbassamento dell’insieme di muscoli, tessuti ed organi dell’apparato genitale femminile, tipico dell’avanzare dell’età”.

CHE FARE?

Oggi c’è un rimedio che consente alla donna di ringiovanire, di riappropriarsi del desiderio e di ritrovare l’intimità sessuale con il proprio partner. E’ infatti possibile sottoporsi ad un intervento chirurgico risolutivo che ripristina la corretta anatomia femminile: consiste nell’inserire un nuovo dispositivo medico in grado di “rialzare” muscoli e tessuti nella loro posizione originale. Si tratta di una bandella messa a punto dagli specialisti della Clinica Urologica dell’Ospedale San Giuseppe -Milanocuore, diretta dal professor Austoni. La forma e le dimensioni particolari di questa sorta di “fazzoletto” permettono di mantenere stabili i risultati nel tempo. Evitando le ricadute e le complicanze degli interventi chirurgici di questo tipo finora tentati. “In base alla nostra casistica, 48 pazienti operate tra il 2001 ed il 2006 – prosegue il professor Austoni – oltre il 90 per cento delle donne mantiene, con un controllo medio superiore a 3 anni, la normale fisiologia ripristinata con l’intervento e si può, quindi, riappropriare di una normale sessualità.

La reticella larga uno o due centimetri in materiale semi-assorbibile che abbiamo messo a punto, infatti, si posiziona in modo naturale nel corpo, non provoca tensioni sugli organi contigui, non si restringe nel corso tempo, evitando nuove ricadute. Grazie alla sua parte riassorbibile, poi, si evita anche un ulteriore complicanza, cioè l’ostruzione urinaria”.

E LUI?

Anche gli uomini, dal canto loro, possono mantenere una sessualità soddisfacente nella terza età, anche a seguito di interventi per tumore della prostata, evitando la perdita della potenza sessuale. Un risultato che si può raggiungere sottoponendosi, in caso di bisogno, ad un’operazione mininvasiva, che arriva dagli Stati Uniti, e che è stata introdotta alcuni anni fa nel nostro Paese sempre dal professor Edoardo Austoni. Questo intervento si distingue da tutte le altre procedure disponibili per l’accesso eseguito dal chirurgo, che avviene a distanza di pochi centimetri dalla ghiandola prostatica e consente una miglior visibilità dei nervi che scorrono accanto all’organo, responsabili del mantenimento delle capacità sessuali. “Una delle tecniche chirurgiche di asportazione della prostata per tumore meno invasive, cioè poco traumatiche e dolorose – spiega proprio il professor Austoni – è la prostatec-tomia radicale perineale. A parità di efficacia oncologica con quella tradizionale (retropubica), garantisce diversi vantaggi ai pazienti: una ferita piccola e poco fastidio-sa, una degenza ed una convalescenza più brevi. Il paziente, in particolare, può muoversi con facilità subito dopo l’intervento, rimettersi in piedi dopo 24 ore – e non dopo diversi giorni come accade in caso di intervento con la tecnica tradizionale – e torna a casa dopo 3-4 giorni dall’operazione e non dopo una settimana”. La tecnica perineale permette un ulteriore vantaggio, cioè quello di vedere con chiarezza i nervi deputati all’erezione, che scorrono a fianco della pro-stata e che quindi non vengono lesi dal bisturi. Inoltre consente di azzerare le perdite di sangue e quindi la necessità di effettuare trasfusioni, evita rischi di trombosi ed embolie che nella chirurgia retropubica avvengono anche nel 20 per cento dei casi. Aspetti importanti, questi, cui contribuisce la particolare posizione che il paziente assume durante l’operazione, detta litotomica. La durata complessiva dell’intervento è di circa un’ora e mezza, leggermente inferiore a quella in caso di operazione retropubica, che in media dura due ore. Dopo l’operazione alla prostata, però, è opportuno effettuare una riabilitazione farmacologica per alcuni mesi. “Sotto questo profilo” – prosegue il professor Austoni – “si è dimostrato efficace Cialis (tadalafil), una molecola in grado di restituire la spontaneità al rapporto grazie alla sua lunga durata d’azione, oltre 36 ore. Il paziente si riappropria di una sessualità viva per tutto il giorno: ha la sensazione di avere di nuovo un organo potenzialmente attivo in ogni momento ed ha la possibilità di avere le erezioni spontanee mattutine di un uomo giovane e sano”.