L’oggetto in sé ha importanza relativa. Può essere un paio di scarpe come un rossetto o un telefonino, non conta molto. La cosa fondamentale è l’acquisto, tornare a casa con la borsetta piena, come una preda di caccia. E comprare comprare comprare diventa mania. Il suo nome? Acquisto compulsivo.
È una degenerazione del consumo che diventa patologia del comportamento. Di questa vera e propria malattia è vittima il cinque per cento degli italiani, ma secondo alcuni studi, il 90 per cento dei consumatori effettua occasionalmente acquisti che possono definirsi compulsivi. Farmaci, gruppi di autoaiuto e psicoterapia vengono in aiuto di questo disturbo che viene trattato nel numero di novembre di Mente & cervello, con una lunga inchiesta descrive i sintomi, le cause e i possibili rimedi di questo impulso che trasforma il piacere di fare spese in malessere, ansia, senso di colpa.
I “compulsive buyer” – si legge – sarebbero soprattutto donne, ben il 75% del numero e appartengono ad una fascia sociale media. Al primo posto tra gli oggetti che scatenano la febbre da acquisto ci sono i vestiti, le scarpe, i cosmetici, oggetti che valorizzano la propria immagine. Diverso lo shopping maschile, che insegue simboli di potere e prestigio come cellulari, computer, attrezzi tecnologici.
“Di solito il problema comincia ad emergere verso i 17-18 anni ma ci vuole una decina d’anni perché venga allo scoperto”, spiega Roberta Biolcati, psicoterapeuta e ricercatrice dell’università di Bologna. “A questo punto lo shopping è diventato un’attività ricorrente, svolta in genere in solitudine e con un senso di vergogna, un po’ come le abbuffate compulsive”. In un mercato ormai saturo che continuamente stimola all’acquisto e “usa lo shopping come strumento per costruire la propria identità”, in un’epoca dove si diffondono carte di credito prepagate, i crediti al consumo, è facile rimanere vittima della shopping-mania.
Ma chi sono questi acquisto-dipendenti? Sono soprattutto persone con bassa considerazione di sé, senza autostima, che poco riescono a reggere alla frustrazione e sono spesso bersaglio della depressione. Anche il conflitto nel rapporto col cibo può scatenare la compulsione all’acquisto. La bulimia è spesso presente nella storia dei pazienti.
Lo shopping compulsivo comunque non è facile da diagnosticare perché è un comportamento socialmente accettato, addirittura incentivato dal mercato, ed è difficile tracciare il confine tra quando fare compere è divertimento, gratificazione e quando è dipendenza. “L’esplosione dello shopping è il risultato tra un’offerta drogata e una società in crisi di valori”, spiega Vanni Codeluppi, sociologo dei consumi. “La grande distribuzione incentiva lo shopping compulsivo perché non c’è più una mediazione tra consumatore e prodotto. La merce è offerta nella maniera più seduttiva, in modo da stimolare l’istinto di chi compra, le superfici dei punti vendita aumentano continuamente e oggi metà degli acquisti avviene nella grande distribuzione”. Sembra che resistano bene alla seduzione della merce alcune categorie, quelle che fondono la loro identità su altri valori, come gli ambientalisti, gli appartenenti a movimenti religiosi e le persone con relazioni umane soddisfacenti.