Assumere fitoestrogeni in menopausa

È bene utilizzare i fitoestrogeni in alternativa alla terapia ormonale sostitutiva?

Sicuramente allo stato attuale delle ricerche è ancora prematuro affermare che queste sostanze naturali non steroidee, contenute nelle piante, che hanno un’azione simile agli estrogeni, possano completamente sostituire la terapia ormonale tradizionale che il ginecologo prescrive alla propria paziente in menopausa. Esistono, invece, ampie conferme che i fitoestrogeni possano ridurre le vampate di calore, specie se presenti in forma medio-lieve. Trattandosi, infatti, di sostanze ad azione estrogeno debole è probabile che possano trarne i maggiori benefici proprio le donne con sintomi di lieve-media entità. Per le donne con menopausa fortemente sintomatica è invece necessario ricorrere alle più incisive terapie ormonali tradizionali, che si mostrano efficaci nel ridurre le vampate nel 60% dei casi.

È vero che i fitoestrogeni possono influire positivamente sul metabolismo dei grassi nella donna in menopausa, che solitamente presenta un incremento del colesterolo ematico ?

Un’alimentazione ricca di fitoestrogeni può effettivamente ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari, come si verifica nelle popolazioni asiatiche e nei vegetariani. L’azione protettiva nei confronti dei vasi arteriosi si realizza anzitutto attraverso un benefico effetto sui lipidi plasmatici, ossia i grassi contenuti nel sangue. Sappiamo da alcuni anni che gli estrogeni abitualmente usati nelle terapie ormonali sostitutive sono eccezionalmente protettivi per i vasi sanguigni ed il cuore: riducono infatti il rischio di infarti del 44% rispetto alle donne che non assumono alcuna terapia ormonale. Questo effetto si realizza sia per l’effetto sui lipidi, con un aumento dell’HDL colesterolo (colesterolo cosiddetto “buono”) e una riduzione dell’LDL colesterolo (il colesterolo “cattivo”), sia per un’azione protettiva diretta sui vasi arteriosi. Anche i fitoestrogeni hanno un effetto simile sul colesterolo, anche se gli studi condotti sulla donna divergono nel quantificare l’entità del beneficio: si otterrebbe una riduzione dell’LDL colesterolo compresa tra l’1 ed il 34%, con una media del 10%, effetto quindi inferiore alle tradizionali terapie ormonali sostitutive. Sarà quindi il clinico a valutare, in base alla storia personale e familiare della donna quale sia la prima scelta terapeutica. Gli studi futuri indicheranno quanto un’integrazione sinergica tra questi due approcci possa ulteriormente potenziarne i vantaggi, riducendo i rischi.

Che ruolo rivestono i fitoestrogeni sull’osteoporosi postmenopausale?

L’osteoporosi dipende da alcuni grandi fattori: il sesso femminile, la dieta povera di calcio e di vitamina D, l’inattività fisica, il deficit ormonale. Ancora una volta gli studi epidemiologici hanno evidenziato che le popolazioni orientali hanno minore incidenza di osteoporosi rispetto a quella occidentale. I dati attualmente a nostra disposizione sembrano confermare un effetto positivo sull’osso da parte dei fitoestrogeni tuttavia si tratta ancora di conoscenze sperimentali acquisite sull’animale di laboratorio. Sono necessari, quindi, studi clinici più consistenti, per numero di donne e durata del trattamento, per documentare in modo definitivo l’effetto preventivo nei confronti dell’osteoporosi. Ricordiamo, infine, che la salute dell’osso dipende non solo dagli estrogeni naturali o di sintesi che siano, ma soprattutto da un appropriato apporto di calcio nella dieta (1000 mg/die) e da una sana attività fisica quotidiana.

Nel caso di familiarità per il cancro della mammella esistono controindicazioni all’assunzione di fitoestrogeni ?

La prevenzione al rischio del cancro è un processo che si realizza nell’arco di alcuni decenni. Un buon stile di vita, l’assenza di fumo, l’assunzione moderata di alcool, il normopeso sono sicuramente elementi che possono sensibilmente ridurre il rischio di cancro, più in particolare quello della mammella. Ancora una volta gli studi epidemiologici dimostrano che le popolazioni orientali hanno solo un decimo dei tumori mammari di quelle occidentali. Del resto, le stesse popolazioni, emigrate negli Stati Uniti, dopo una sola generazione presentano gli stessi rischi tumorali della popolazione locale. L’ipotesi che questo rischio possa essere ridotto con stili alimentari più sani (dieta ricca di fitoestrogeni) è sicuramente molto suggestiva e merita di essere valutata in studi prospettici. Pertanto non esistono controindicazioni all’uso di fitoestrogeni in questo tipo di popolazione né tantomeno nell’intera popolazione femminile.

In definitiva, quali possono essere le candidate “ideali” all’utilizzo di fitoestrogeni?

Tracciare un identikit della donna che può beneficiare di un trattamento con fitoestrogeni è estremamente difficile in quanto andrà verificato e ridefinito nel confronto con gli studi e l’esperienza clinica. Tuttavia sipuò ragionevolmente affermare che le candidate a quest’integrazione potrebbero essere:

  • La donna in premenopausa che vuole “prepararsi al meglio” al grande passaggio;
  • La donna obesa in pre e postmenopausa;
  • La donna in menopausa, senza alcun sintomo;
  • La donna in menopausa con sintomi lievi-medi;
  • La donna con controindicazioni alle terapie ormonali sostitutive;
  • La donna anziana, che vuole essere attiva nei confronti della salute.