Le radici della storia del tatuaggio e della decorazione permanente del corpo sono fonde quanto la storia stessa dell’umanità. Testimonianze del tattoo si hanno in diverse civiltà indigene provenienti dai diversi continenti.

Nella nostra attuale società moderna la tatuarsi è sempre più normale e la decisione di decorare il proprio corpo, una volta decisione irreversibile, oggi non è così tanto impegnativa. Le nuove tecnologie laser q-switched per rimuovere i tatuaggi sono efficaci e sicure.

TATTOO IN BIRMANIA

Gli indigeni birmani un tempo avevano l’usanza di incidere le cosce e versare sulle ferite un particolare estratto vegetale di colore scuro. Questa sorta di tatuaggio aveva la funzione di proteggersi dalle bestie feroci della giungla, visto che proprio la coscia non era coperta dagli indumenti. Con il tempo, presso questa regione, il tatuaggio diventò il marchio degli schiavi, mutando così il senso originario. Anche la tecnica stessa del tattoo sarebbe cambiata, utilizzando una bacchetta d’ottone che veniva tagliata in cima fino a formare delle punte aguzze. Attraverso queste, la pelle veniva incisa per trasferire il pigmento nello strato sub dermico, dopo che il disegno era stato tracciato sulla pelle con un pennello di bambù.

Queste due pratiche di decorazione del corpo erano piuttosto dolorose e provocavano effetti collaterali anche fatali, febbri e infezioni.

TATTOO NEL BORNEO

Sembra che nel corso del tredicesimo secolo, alcuni nuclei di indigeni birmani siano emigrati attraverso la Malesia nel Borneo, importando la pratica del tattoo.

Nel Boreo, il tatuaggio assume significati e simbologie differenti per uomini e donne. Mentre per la popolazione maschile il tatuaggio era segno di eroismo, di forza e virilità, per la popolazione femminile il tattoo diveniva un segno d’appartenenza ad una stirpe o tribù, oppure una sorta di viatico al regno di morti.

TATTOO IN NUOVA ZELANDA

Presso i Maori la tradizione del tatuaggio è tutt’ora viva, e motivo di orgoglio di appartenenza ad una stirpe che affonda le radici nell’antichità. Tatuarsi la pelle non ha il solo scopo estetico di abbellire il corpo, ma è un vero strumento di comunicazione. Ad esempio, per i Maori, il primogenito del capo tribù veniva tatuato come rito d’iniziazione, onde essere facilmente riconosciuto come guida successiva al padre.

TATTOO IN GIAPPONE

In Giappone, il tatuaggio è stato praticato per secoli con scopi differenti, e divenne molto diffuso fino alla fine del XVII secolo. Divenne poi un vero filone d’arte a partire dal XIX secolo, grazie al gusto decorativo unico ed estremamente sofisticato che deriva dalla maestria degli artisti figurativi. La sostanziale differenza tra il tatuaggio giapponese e quello occidentale è che quest’ultimo viene praticato generalmente in una parte limitata del corpo mentre il tattoo giapponese lo riveste tutto, seguendo le linee anatomiche e apparendo come un “vestito” assai elaborato, sia sotto il profilo tecnico che espressivo, con risultati estetici che non hanno eguali presso altre popolazioni e culture.

TATTOO IN INDIA

Sembra che anche alcune popolazioni indiane abbiano appreso l’arte del tatuaggio dai Birmani intorno al secondo millennio a.C.. Oggi in India il tattoo è difuso soprattutto per le donne, che amano farsi raffigurare simboli di ridotte dimensioni in alcune zone del corpo, con pratiche che ricordano gli antichi riti matrimoniali.

TATTOO IN AFRICA

Nel continente africano, quella che oggi definiremmo body art, ha avuto decine di modi per esprimersi, dalle particolari espansioni tissutali a particolari e caratteristici piercing etnici in osso o metallo, fino al tattoo in senso lato, dall’inserimento di pigmenti sottocute alle scarificazioni estetiche. Nel nord Africa i tatuaggi sono sempre stati praticati come talismano contro il malocchio e per prevenire le malattie, mentre in Egitto come garanzia di fecondità.

TATTOO IN EUROPA

In occidente il tatuaggio ebbe storia combattuta a causa dell’ostilità cristiana verso questa pratica. Ma ci furono eccezioni anche in ambito ecclesiastico, in particolare per i frati del santuario di Loreto, che praticavano fino a tempi recenti, tatuaggi religiosi sui pellegrini che lo richiedevano, forse per ricordare le stimmate di San Francesco.

Ma ad importare in Eurpoa l’usanza del tatuaggio furono i racconti dei viaggiatori e degli avventurieri e l’attrazione verso tutto quanto rientrava nella definizione di es8otico. Dal diciannovesimo secolo furono molti gli emulatori del tatuaggio, in particolare il tattoo giapponese, tra cui Re Giorgio V e lo Zar Nicola.

TATTOO NEGLI USA

Nell’epoca moderna, la pratica del tatuaggio si è diffusa dagli Stati Uniti dove era stata importata da James Cook al suo ritorno da luoghi come Tahiti dove era molto praticata. Sempre negli Stati Uniti, nel corso dell’800, è nata la professione del “tatuatore” e l’apertura delle relative botteghe; fu intorno al 1880 che Samuel O’Reilly, abitante di New York, ideò la macchinetta elettrica per tatuare, poi brevettata in Inghilterra da un suo cugino. Sempre in questa città, circa quaranta anni prima, era stato aperto il primo “Tattoo Studio” che annoverava tra i suoi clienti soprattutto militari della guerra civile.
Tale era la curiosità attorno ad una pratica millenaria poco diffusa in Occidente, che tra l’800 e il ‘900 il tatuaggio nella sua forma più estrema, ovvero applicata nella maggior parte del corpo, divenne un fenomeno da circo o da baraccone. Addirittura venivano esibiti alcuni indigeni tatuati dopo essere stati catturati da avventurieri di ritorno dai paesi esotici.