RIBALTATO IL MITO DELLA CAFFEINA CATTIVA PER LA SALUTE
Se non si varca il limite dei quattro tazzine di espresso al giorno, cioè di circa 300 milligrammi di caffeina, il rischio di aritmie cardiache e di ipertensione è scongiurato. E poi oltre a essere un rito sociale, il caffè aiuta a digerire, mantiene in forma il cuore e dal suo aroma si sprigionano sostanze chimiche con un elevato potere anti-ossidante
Se potesse ascoltare tutte le accuse infondate che gli sono state mosse fino a oggi, per una volta a innervosirsi sarebbe proprio lui.
Il caffè, il re di ogni pausa dal lavoro, sta infatti vivendo su scala internazionale un restyling della sua contraddittoria immagine, quella di bevanda tra le più amate che, più di altre, è un consolidato rito sociale ma che, nonostante questo, è stata sempre guardata con un certo sospetto, spesso sfociante nel luogo comune, primo fra tutti l’idea della prediletta tazzina quale possibile fonte di ipertensione e danni cardiovascolari.
“L’affermazione che veniva fatta volentieri in passato, che il caffè sia generalmente dannoso, oggi non si può più difendere”, ha dichiarato a Focus Thomas Hofmann, docente di chimica degli alimenti presso la tedesca università di Münster, ben sapendo che il caffè è una miscela di più di mille sostanze, molte delle quali non sono ancora state adeguatamente studiate nei loro effetti sull’uomo.
Il dito accusatore è stato finora puntato sulla caffeina, che esercita un’azione stimolante sul cuore e sul sistema nervoso centrale bloccando le proteine che agiscono sulle cellule nervose come recettori dell’adenosina, composto chimico costituito da uno zucchero e da una base azotata, strutturalmente simile alla caffeina stessa, in grado però di causare sonnolenza rallentando l’attività neurale.
Ostacolando quindi l’azione dell’adenosina, la caffeina produce il ben noto effetto di incremento dell’attenzione e di attenuazione del senso di affaticamento, ma al di là dell’ovvietà che l’eccesso di caffeina è dannoso, come del resto tutti gli eccessi alimentari, la ricerca attuale sottolinea piuttosto che a generare problemi possono essere anche le modalità di assunzione.
“Chi beve regolarmente caffè, avverte in misura meno incisiva l’azione della caffeina”, ha sottolineato Veronika Somoza, docente di scienza dell’alimentazione presso la Technische Universität di Monaco di Baviera, “ma chi invece non è abituato al caffè e all’improvviso comincia a berne molte tazzine, si confronterà con i sintomi di un sovradosaggio, dal nervosismo all’accelerazione del battito cardiaco”.
In soldoni, questo significa che se non si varca il limite dei quattro caffè espresso al giorno, cioè di circa 300 milligrammi di caffeina, il rischio di aritmie cardiache e di ipertensione è scongiurato, tranne che in soggetti ipertesi già in precedenza o particolarmente sensibili alla caffeina, ai quali quindi il caffè è sconsigliato.
Anche dagli Stati Uniti si levano voci rassicuranti, come quelle di due ricercatori della Harvard School of Public Health, Wolfgang Winkelmayer e Rob van Dam.
Il primo ha condotto uno studio di lunga durata riguardante più di 150mila donne, al termine del quale è giunto alla conclusione che “il consumo di caffè non conduce a una pressione sanguigna cronicamente elevata”, e mentre studi simili vengono condotti anche sugli uomini, van Dam sottolinea che “il caffè contiene verosimilmente sostanze che neutralizzano i temuti effetti negativi della caffeina”.
Insomma, un’autentica bevanda intelligente e tale deve essere anche il suo consumo: è questo l’invito giunto, tra l’altro, nel corso della recente presentazione di una monografia sul tema “Caffè e salute”, la cui redazione è stata curata dall’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, con il contributo di enti come la Fondazione per lo studio sugli alimenti e la nutrizione, dal 1986 punto di riferimento scientifico nazionale e internazionale per la ricerca in questo settore, l’Istituto farmacologico Mario Negri di Milano e il britannico Coffee Science Information Centre, che raccoglie gli studi in materia pubblicati dalle più autorevoli riviste scientifiche. L’abuso di caffè può infatti condurre a un’intossicazione, nota come caffeinismo, che causa irritabilità e disturbi del sonno, e può diventare letale solo nel caso teorico di circa 120 espressi bevuti in trenta minuti, pari a un’assunzione di 10 grammi di caffeina; chi non è in vena di follie e saggiamente si limita a non più di quattro tazzine giornaliere non ha nulla da temere, anche perché la caffeina non può in alcun modo essere considerata una sostanza che dà dipendenza come le droghe vere e proprie.
Così il caffè si rivela anche un buon amico degli sportivi: grazie alla sua azione cardiotonica e broncodilatatoria, la caffeina può contribuire a una migliore performance atletica, senza dover temere il test anti-doping, che può rilevare qualcosa di strano solo se si superano 12 milligrammi di caffeina per litro di urina, quantità corrispondente a non meno di 12 tazzine di espresso in un’unica assunzione.
Per capire quanta caffeina si sta assumendo è inoltre fondamentale non trascurare la differenza tra l’espresso del bar e il caffè preparato a casa con la moka da una parte, che contengono in media tra i 40 e gli 80 mg della sostanza, e il caffè filtrato all’americana dall’altra, che ne contiene di più, anche se si può ritenere erroneamente il contrario, per via del metodo di preparazione, che lo fa sembrare più diluito: esso richiede una brocca di vetro resistente al calore, dove viene fatta cadere molto lentamente dell’acqua bollente che passa attraverso il filtro contenente il caffè macinato grossolanamente, e al termine il caffè viene versato dalla brocca.
L’abitudine di bere il caffè subito dopo i pasti è positiva per la funzione digestiva, in quanto viene così stimolata la secrezione acida da parte dello stomaco; pertanto solo chi soffre di un’eccessiva secrezione gastrica dovrebbe limitare l’assunzione della bevanda.
Dall’aroma del caffè si sprigionano circa 900 sostanze chimiche con un elevato potere anti-ossidante: trattandosi di sostanze chimiche volatili, per trarne beneficio bisogna bere il caffè subito dopo la preparazione, senza lasciarlo raffreddare troppo.
Se non è l’elisir di lunga vita, il caffè è comunque qualcosa che gli somiglia: gli anti-ossidanti prevengono infatti molte malattie, tra le quali molti tipi di cancro, come quelli del pancreas e del colon, e ritardano gli effetti dell’invecchiamento, bloccando l’azione lesiva messa in atto nelle cellule dai famigerati radicali liberi, le dannose scorie prodotte dai processi vitali dell’organismo.
NON SOLO IN TAZZINA
La caffeina non si trova solo nel caffè. Ecco il suo contenuto medio in alcuni cibi e bevande, espresso in mg
Moka (una tazzina da 50 ml) 80 mg
Espresso (una tazzina da 30 ml) 40 mg
Filtrato all’americana (una tazza da 150 ml) 115 mg
Caffè istantaneo (tazza da 150 ml) 65 mg
Decaffeinato (una tazza da circa 150 ml) 3 mg
Tè classico (una tazza da 150 ml) 40 mg
Tè freddo (240 ml) 45 mg
Bibite tipo Cola (una lattina da 330 ml) 46 mg
Cioccolata (una tazza da 150 ml) 2-20 mg
Bevanda latte e cioccolato (240 ml) 5 mg
Cioccolato al latte (30 g) 6 mg
Cioccolato fondente semi-dolce (30g) 20 mg
Torta al cioccolato (30 g) 26 mg