Un’equipe di ricercatori francesi ha scoperto che una stessa molecola, intervenendo sulla superficie di particolari neuroni, agisce allo stesso tempo determinando il meccanismo di dipendenza ma anche l’effetto legato al miglioramento delle performances cognitive. La ricerca, frutto del lavoro di un’equipe di neuroscienziati dell’Istituto Pasteur di Parigi guidati da Jean Pierre Changeux – ed alla quale il quotidiano francese ‘Le Figaro’ dedica oggi ampio spazio – e’ pubblicata sulla rivista ‘Nature’ e potrebbe aprire la strada a nuove e mirate terapie contro il tabagismo. I ricercatori hanno quindi scoperto che su particolari neuroni, situati in una piccola zona nel fondo del cervello, un solo tipo di recettori è all’origine sia della dipendenza da nicotina – che secondo gli esperti ucciderà 100 milioni di esseri umani nel corso di questo secolo – sia del miglioramento delle capacità cognitive che tale droga procura.

Nell’uomo, così come nei topi, affermano gli scienziati, la nicotina si lega dunque ad un solo e specifico recettore caratterizzato dall’assemblaggio di cinque sotto unita’ proteiche che, a loro volta, possono combinarsi sulla superficie dei neuroni in centinaia di combinazioni con proprietà farmacologiche differenti. I neuroni muniti di tali recettori si trovano in una zona profonda e centrale alla base del cervello, detta VTA, e giocano dunque anche un ruolo fondamentale nel miglioramento delle performance cognitive. Una scoperta che apre strade terapeutiche importanti: Comprendere infatti l’interazione molecolare della nicotina con i suoi recettori, affermano i ricercatori, aiuterà nella lotta al tabagismo ma anche a meglio comprendere le funzioni cerebrali. Nei topi, infatti, gli scienziati hanno potuto osservare come la presenza di una delle sotto-unità proteiche del recettore ‘nicotinico’, iniettata nel cervello attraverso un vettore virale, portasse i topi ad assumere un comportamento di dipendenza spingendoli a pedalare sulla rotella collegata ad un iniettore di nicotina per il rilascio delle dosi di droga.
”Tenendo conto della complessità del cervello – ha commentato in un editoriale su Nature la ricercatrice Julie Kauer, della Providence University – è sorprendente che la reintroduzione di una sola molecola in una piccola zona cerebrale abbia un effetto comportamentale così importante”. I ricercatori si propongono ora di effettuare nuovi studi su cervelli umani post mortem di fumatori e non fumatori per l’identificazione delle combinazioni delle sotto unità del recettore. L’obiettivo è anche cercare di individuare dei profili genetici legati a tali recettori: un giorno, probabilmente, i medici potranno cioè ‘ritagliare’ una strategia terapeutica su misura a seconda del profilo genetico del paziente che volesse smettere di fumare dicendo per sempre addio alle ‘bionde’.